In una decisione annunciata alle parti mercoledì, 5 ottobre, l’EPO ha deciso di mantenere in forma modificata il brevetto europeo EP 2.203.462 concesso il 21 maggio 2014 a Gilead-Pharmasset e le cui decisioni si applicano a 38 stati membri. Gilead, inizialmente, aveva richiesto un brevetto che copre diversi composti – in questo caso diverse forme chimiche della stessa molecola di base – il Sofosbuvir. L’EPO ha parzialmente concordato con Médecins du Monde, che ha avviato la procedura con lo scopo di abbassare il prezzo del trattamento, che risponde ad una logicadavvero poco comprensibile se si pensa ad esempio che in India costa solo 200 euro. Per MDM, questa decisione dovrebbe permettere di “rinegoziare” con Gilead i prezzi francesi e internazionali.
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Nuovi criteri per il trattamento dell’epatite C
di Andrea Fallarini – Rete Senza la C
La notizia era attesa da tempo sia dai pazienti sia dalle associazioni, le quali avevano incontrato il Prof. Melazzini chiedendo un allargamento dei criteri di accesso alle nuove terapie antivirali nel rispetto dei diritti del malato e in forza anche degli studi presentati da più parti che dimostravano come la scelta più efficace ed economica fosse quella che non prevedeva limitazioni nell’accesso ai farmaci (Early Treatment in HCV: Is It a Cost-effective Option from the Italian Perspective? ).
Il documento pubblicato ieri va anche oltre le aspettative e rende dignità, finalmente, alle richieste delle associazioni di pazienti impegnate nella battaglia comune di sconfiggere una malattia che aveva raggiunto diversi recod negativi rappresentando una delle emergenze a livello mondiale. Grazie anche alla subdola caratteristica di essere una malattia silente, talvolta si rivela tardi e senza lasciare scampo. Va ricordato, infatti, come a livello mondiale le morti per HCV hanno da alcuni anni sorpassato quelle per HIV, altra malattia di cui sarebbe il caso occuparsi con maggior impegno note, ad esempio, le diagnosi sempre più tardive.
Le novità più importanti riguardano l’annullamento dei criteri di selezione e accesso anche a chi ha una fibrosi lieve (indice METAVIR F0): rimborsabilità non in base alla gravità della malattia ma accesso a tutti. Altra novità, finalmente verranno trattate tutte le persone che sono anche sieropositive o che soffrono di altre malattie per le quali la coinfezione con HCV rappresenterebbe un forte rischio di peggioramento delle condizioni di vita (coinfezione con epatite B, malattie croniche non virali del fegato, diabete mellito in trattamento farmacologico, persone con obesità anche lieve cioè con Indice di Massa Corporea superiore o pari a 30 kg/m², emoglobinopatie e coagulopatie congenite). Altra novità, espressa nel criterio 9 riguarda tutti gli operatori sanitari infetti che potranno accedere gratuitamente alla cura.
Le stime dell’Aifa prevedono di trattare 240mila pazienti in tre anni ma la novità con la pubblicazione dei nuovi criteri è che si parla e pare si stia delineando un vero e proprio Piano di eradicazione dell’epatite C in cui l’AIFA fungerà da controllore: i criteri saranno implementati nei Registri di Monitoraggio dell’Aifa, che tracceranno la gestione della terapia dei singoli pazienti da parte dei Centri prescrittori individuati dalle Regioni. Leggi il resto di questa voce
Brevetto Sofosbuvir modificato
Fonte: Le Monde Sanità
Parziale vittoria per Medecines Du Monde (MDM) ma pur sempre una vittoria. Nel 2015, l’ONG ha attaccato il brevetto concesso dall’Ufficio Brevetti Europeo (EPO) al noto farmaco Sofosbuvir di Gilead. Meglio conosciuto con il suo nome commerciale, Sovaldi, il farmaco è rinomato per l’elevata percentuale di eradicazione e per il suo prezzo che in Francia è di circa 41.000 euro per una cura di 12 settimane (50.000 euro circa in Germania e addirittura 84.000 dollari negli Stati Uniti).
MDM ha sostenuto la pura e semplice revoca a titolo definitivo del brevetto, motivando tale presa di posizione con il fatto che il brevetto è stato depositato “prima della dimostrazione della maggiore efficacia del Sofosbuvir” allo scopo di monopolizzare lo spazio di ricerca e “privatizzando” una molecola sulla quale anche altri ricercatori avrebbero potuto lavorare.